Generazione Z: perché attrarla e trattenerla è una priorità per ogni azienda
BB
Entro il 2030, chi è nato tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 – la cosiddetta Generazione Z – costituirà circa un terzo della forza lavoro globale. Un dato che spinge le aziende a ripensare in profondità le strategie di talent acquisition, employee engagement e retention.
Parliamo di una generazione che, più di ogni altra, mette al centro il benessere psicologico, l’equilibrio tra vita e lavoro, la fiducia reciproca e la possibilità di crescere. Secondo recenti studi internazionali, quasi il 60% dei giovani lavoratori under 30 dichiara di sperimentare livelli elevati di stress sul lavoro, un valore nettamente superiore rispetto alle generazioni precedenti.
Engagement in calo, aspettative in crescita
La Generazione Z attribuisce grande importanza all'autenticità e alla trasparenza. Sono consumatori consapevoli che prestano attenzione alla sostenibilità e all'etica delle aziende. Inoltre, cercano esperienze personalizzate e interattive, preferendo marchi che si allineano con i loro valori personali.
Le aziende devono essere pronte a dimostrare il loro impegno verso cause sociali e ambientali. Offrire prodotti o servizi che rispondano a questi criteri può essere un fattore decisivo nella scelta di un marchio da parte della Generazione Z.
Le leve strategiche per le aziende
Cosa cercano davvero? Orari flessibili, percorsi di crescita chiari, retribuzioni adeguate, ma anche un contesto che li ascolti, che li coinvolga, che dia spazio alla loro voce e che investa concretamente nella loro evoluzione.
Per questo sempre più organizzazioni stanno investendo su:
- Upskilling e reskilling continuo
- Modelli di lavoro flessibile
- Welfare aziendale personalizzato
- Valorizzazione delle soft skill
Emerge una consapevolezza: oggi non basta attrarre, bisogna saper trattenere. E trattenere significa riconoscere le nuove esigenze, evolvere i modelli organizzativi, comunicare in modo autentico.

Un contesto socioeconomico da non sottovalutare
Negli ultimi dieci anni, migliaia di giovani italiani hanno scelto di trasferirsi all’estero per lavorare. Le ragioni? Opportunità di crescita migliori, stipendi più competitivi, minore burocrazia e un ambiente professionale percepito come più dinamico.
In Italia, l’occupazione giovanile è spesso legata a settori a basso valore aggiunto e con retribuzioni contenute. Ecco perché oggi più che mai è fondamentale intervenire su cultura aziendale, modelli di leadership e benessere organizzativo, per evitare la perdita di talenti ad alto potenziale.
Le aziende che sapranno interpretare il cambiamento culturale in atto, senza stereotipi generazionali, avranno una marcia in più. Perché la Gen Z non è “difficile da gestire”: è semplicemente diversa. E come ogni nuova generazione, chiede di essere capita, non adattata a forza a vecchi modelli.

Fonti: Eurostat, OCSE, osservatori indipendenti e analisi del mercato del lavoro 2024.