KPI e comportamenti organizzativi: quando misurare significa anche orientare

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May 13, 2025Di Beatrice Bonadio

Nel lessico aziendale, l’acronimo KPI – Key Performance Indicator – è ormai di uso comune. Tutti li utilizzano: chi per monitorare risultati, chi per supportare strategie, chi per valutare l’efficienza dei processi.

Tuttavia, se è vero che gli indicatori servono a misurare, è altrettanto vero che, nel tempo, iniziano anche a modellare i comportamenti. Ed è su questo aspetto, spesso sottovalutato, che vale la pena riflettere.

Cosa sono davvero i KPI?

I KPI sono indicatori quantitativi, progettati per misurare specifici aspetti della performance di un processo, di una funzione o di un’intera organizzazione. Costituiscono lo strumento principale per comprendere se le azioni intraprese stanno portando verso gli obiettivi stabiliti.

Vengono scelti per:

  • Monitorare l’efficienza operativa;
  • Valutare la qualità del servizio;
  • Guidare il miglioramento continuo;
  • Supportare decisioni strategiche basate su dati concreti.

    Un buon KPI è sempre legato a un obiettivo chiaro, rappresenta un fattore critico di successo e contribuisce alla costruzione di una cultura orientata alla performance.

 
Misurare è necessario, ma non basta

Nel tempo, il rischio è che ciò che viene misurato prenda il posto di ciò che realmente conta.
Un esempio concreto: se l’unico KPI utilizzato per valutare il servizio clienti è il numero di ticket evasi, l’organizzazione tenderà a massimizzare quel numero. A volte anche a costo di perdere di vista l’obiettivo reale, ovvero la soddisfazione del cliente o la risoluzione efficace del problema.

Questo fenomeno – noto in ambito organizzativo come perverse incentives – porta a comportamenti distorti. Le richieste vengono suddivise in più ticket, passate da un reparto all’altro, chiuse formalmente ma non risolte in sostanza.
Il KPI migliora, ma il valore reale del servizio no.

 
La responsabilità nella scelta degli indicatori

I KPI, per quanto strumenti oggettivi, non sono neutrali.
Ogni indicatore, infatti, invia un messaggio all’organizzazione: “Questo è ciò che conta”. E sulla base di quel messaggio, le persone orientano i propri comportamenti, le priorità, gli sforzi.

Ecco perché la progettazione dei KPI non è solo una questione tecnica, ma anche culturale e manageriale.

Un indicatore efficace:

  • È allineato con gli obiettivi strategici;
  • È comprensibile e rilevante per chi lo utilizza;
  • Stimola comportamenti coerenti con i valori aziendali;
  • Tiene conto del contesto e si adatta nel tempo. 

KPI e leadership: uno strumento di guida


I KPI, se ben costruiti, diventano strumenti di leadership.
Non servono solo a “fare i conti”, ma a generare consapevolezza, responsabilità e direzione. Un leader attento non sceglie gli indicatori solo per misurare, ma per ispirare azioni corrette.

L’indicatore, quindi, non va mai inteso come un fine in sé. È un mezzo. Serve a leggere la realtà, ma anche a costruirla.
Per questo, va scelto con cura.

 
La cultura della performance non si costruisce solo con dashboard e numeri. Si costruisce con scelte consapevoli, con indicatori che non distorcono, ma orientano.
Perché ogni metrica racconta una storia, ma può anche cambiarla.